giovedì 29 aprile 2010

Basta non prendersi troppo sul serio...

Non riesco più a sopportare l'idea di prendersi sul serio a certi livelli.
La vita è troppo breve per prendersi troppo sul serio,per non lasciare spazio ad un minimo -indispensabile- di sana autoironia.
Io sono molto grato a Stanley Kubrick ed al suo Cinema.Ha creato opere immortali,mi ha accompagnato lungo la mia crescita,ma ora sento che il suo Cinema non mi appartiene più.Mi identifico più volentieri con il cinema di Sam Raimi,o ancor meglio di Sergio Leone (lascio volutamente fuori Spielberg,che ha comprato un attico in cima alla mia lista di preferenze).

Sam Raimi in una foto di repertorio.


Ora,prima di essere frainteso,vorrei spiegarmi.



Non che io denigri l'opera di Kubrick -lungi da me-,semplicemente non riesco più ad avere "bisogno" del suo Cinema.Non trovo più nella sua opera quella profondità che trovavo una volta.
Sono stato travolto da Sergio Leone,sono stato messo all'angolo da Sam Raimi,registi che costruiscono il loro Cinema basandosi sulle situazioni,sulle inquadrature.Per loro l'inquadratura non è il mezzo per raccontare la storia,ma la storia è il mezzo per poter utilizzare l'inquadratura.La storia è il pretesto che usano per ridere (comicamente,amaramente,realisticamente) della vita.
Kubrick non ride della vita.Kubrick usa il mezzo per mostrare la sua storia e lo fa egregiamente,ma troppo seriosamente,anche quando ferisce con quella sua particolare ironia.

Ecco,ironia.Kubrick tira frecce infuocate che colpiscono un bersaglio,non importa quale tragitto dovrà fare la freccia.Raimi e Leone (anzi,Leone e Raimi,per preferenza) non puntano al bersaglio,ma al tragitto che deve fare la freccia.Sono i Gilles Villeneuve del cinema,sono gli acrobati dell'immagine.
Quella panoramica dalla stazione sulla città di "C'era una volta il West" è un picco che non ha eguali nell'opera kubrickiana,e ho scoperto,dopo tanti anni,che è esattamente ciò che voglio dal cinema,ciò di cui ho bisogno.

Leone disse:"
Ford era un ottimista. Io sono un pessimista. I personaggi di Ford, quando aprono una finestra scrutano sempre, alla fine, questo orizzonte pieno di speranza; mentre i miei, quando aprono la finestra, hanno sempre paura di ricevere una palla in mezzo agli occhi".
Proprio da questo pessimismo di fondo (cercato,voluto,involontario...chi lo sa?) costruisce una parabola cinematografica uguale e contraria a quella di Kubrick.Il loro Cinema è simile in molte cose,ma diverso senza dubbio nell'estetica e come realizzazione.
Se Stanley riesce a sprofondare nelle angoscie -e nelle anime- dei suoi personaggi come un bisturi,cioè freddo ed asettico nella sua osservazione,Sergio preferisce un approccio totalmente diverso:non si avvicina mai ai suoi personaggi,mai fino a toccarli,nemmeno con i suoi primi piani leggendari.Si limita a passar loro accanto,a guardarli da lontano.Così facendo,però,riesce a penetrare a fondo nel loro animo,e non lo fa da osservatore imparziale.Lui vuole che ognuno di noi si identifichi in ciò che appare sullo schermo.

Il modo in cui Leone si affaccia al mondo è quello di Tuco ne "Il Buono,Il Brutto,Il Cattivo",o di Cheyenne in "C'era Una Volta Il West",che in pratica sono lo stesso personaggio,solo costruito con carte di spessore diverso.
Leone si affaccia al mondo per deriderlo,per farsi una grossa risata,dato che tanto dobbiamo tutti prenderci una pallottola in fronte,prima o poi.
Kubrick non riesce a fare questo,e si arena nell'osservazione asettica di ciò che lo "circonda".

Ecco,per concludere:non sento mio il modo di osservare di Kubrick,mentre sono molto più vicino a quello di Leone o di Raimi,che usano i loro personaggi e le loro storie per creare immagini,piuttosto che il contrario.

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